Della Spagna, del pane e della fantasia – Prima parte
Gironzolando qua e là per la Spagna ho avuto la fortuna di imbattermi nuovamente nella loro splendida arte culinaria. Chi pensa che la cucina spagnola significhi semplicemente paella si sbaglia di grosso ed è sufficiente avventurarsi in ristoranti, bar e chioschi per rendersene conto.
Fondamentale è comprendere i vari significati dei termini, spesso e volentieri confusi.
Ad esempio, se parliamo di aperitivi o stuzzichini la parola d’ordine non potrà che essere tapas, con la quale si indicano una lunga serie di piccole preparazioni che possono prevedere o meno la presenza del pane. Queste elaborazioni vengono di solito consumate in piedi, al bancone o fuori dal locale, accompagnate da un bicchiere di Cava, un vino bianco spagnolo leggero e frizzante, servito in bicchieri rotondi dal fondo piatto.
Altro discorso bisogna invece fare per il bocadillo, vero e proprio vanto della tradizione culinaria spagnola. Tradurlo semplicemente con il termine panino potrebbe apparire riduttivo, considerato l’interminabile sfilza di varianti che lo caratterizzano e l’originalità della preparazioni che lo contraddistinguono.
Un classico Bocadillo ha una lunghezza di circa 20 centimetri, e per forma e consistenza ricorda la baguette francese, differenziandosi tra frios (freddo) e caliente (caldo) a seconda della temperatura del contenuto del suo interno.
La sorpresa nell’assaggiare queste preparazioni, nasce dalla consapevolezza che gli spagnoli non si creano molti problemi nell’accostare ingredienti che, visti spesso come inavvicinabili, in realtà si sposano alla perfezione.
Per gli abbinamenti vi rimando al prossimo post, lasciandovi però con una domanda.
Avete mai provato delle tapas o un bocadillo?