In Versilia, il vento soffia ancora…
Eppure il vento soffia ancora… canterebbe Pierangelo Bertoli. Salendo i gradini per raggiungere la cima dell’unica duna rimasta in Versilia , ti accorgi che il vento soffia ancora nonostante l’aria altrove si fermi, nonostante i capanni di guardianaggio affacciati sul mare siano stati sostituiti da villette che hanno più ben poco delle vecchie rimesse per sdraio e ombrelloni.
A Forte dei Marmi per la glamour illuminata di vetrine firmate e starlet da paparazzo, c’è un angolo di spiaggia dove il tempo pare essersi fermato a quando gli Agnelli vestivano alla marinara.
Dove se ancora esistessero i titoli nobiliari, principi e contesse mangerebbero focaccine e spaghetti al pomodoro gomito a gomito con “vucumprà” e anonimi signor Rossi. Disquisendo di santi ed eroi, facendo un giro a carte, beandosi dell’ultimo barlume di agognata libertà.
Il costo per consumare sandwich annusando la brezza che giunge dalla battigia, con i piedi nella sabbia, è il tacito accordo di lasciar vivere, scordando ogni etichetta fuori da queste dune.
Sergio Mazzei lo conoscono tutti in paese. Una famiglia dalle radici tutte apuane, il nome in ricordo di quel nonno saltato su un ordigno mentre nel ’44 pilotava il motoscafo anti sommergibile (Mas).
La chioma scompigliata e brizzolata ti dà il benvenuto, shakerata e sfiorata con la mano ogni volta in cui si accorge di aver segnato il punto nella discussione. Due grandi occhi che provano a comprendere se fai parte di “noi” o di “loro”. Persone sincere, pronte a lanciare il cuore oltre la palizzata, oppure agli opportunisti.
Sfilano le teste blasonate e le tasche tintinnanti di consigli d’amministrazione.
Ma “Da Sergio” tutti si è pari. Il via vai indossa pantaloncini a righe e pareo, zoccoli, mocassini da barca, la camicia arrotolata al gomito. Verso mezzogiorno appaiono i ragazzi, strusciando le infradito assonnate della sera prima che si è fatta notte, bicicletta, una ragazza bionda ed esile cui offrire un passaggio in canna.
Allora Sergio lascia il tavolo a piccole losanghe in legno per mette in scena il pasto quotidiano: alici sfilettate, panzanella di mare con cozze e gamberi, linguine condite di moscardini, spaghetti ai calamari e ricotta secca grattugiata, polpa di razza saltata in padella insieme a qualche pomodorino fresco. Tutto dipende da cosa portano a terra i pescatori.
Ma i più giovani preferiscono le focaccine: dalle classiche alle più creative spalmate di formaggio, pesce spada, rucola e tabasco; pesto alla genovese, crudo e pecorino; lardo e pomodoro come usava un tempo fra i cavatori.
E da bere? Un vinello bianco delle colline che fanno da corona alla spiaggia, cedrata, gazzosa, aranciata amara, chinotto, persino il tamarindo. Mescolando sciroppo, acqua e ghiaccio, come negli anni Sessanta.
Accomdati sulle panche, circondati di vegetazione, tavole da surf, straccali rilasciati dal mare nei giorni di risacca, disposti attorno a costruire uno spazio ordinato ma insieme scapigliato.
Siamo sul limitare fra Forte dei Marmi e la colta Pietrasanta , oltre la duna rigogliosa di canne, yucche, cactus, oleandri ti danno l’ombrellone a giornata, massimo a settimana. C’è la fila per accaparrarsene uno. “Vengono anche da Milano, Firenze, persino dal sud Italia” spiega la ragazza che smista brandine e ricevute.
Miracoli di un’Italia che va a doppia velocità. Qua la spiaggia comunale attrezzata di Levante dove i confort fanno il paio con semplicità e schiettezza. Oltre: l’ansia da tintarella.