Trapizzino “made in Roma”: impossibile resistere!
Molto spesso mi succede così. Quando una cosa mi piace assai, cerco di capirne la “storia”. Perché accade che in quel caso mi piaccia ancora di più. Quando poi si parla di food, beh questo assunto è ancora più netto. Venerdì ho cercato di colmare una lacuna “cognitiva” su un piatto che da diversi mesi a questa parte mi rende gastronomicamente felice. Sto parlando del trapizzino. Per chi di voi non ne avesse mai sentito parlare, siamo qui apposta. Il perché del nome lo capirete strada facendo.
Stefano Callegari di lavoro faceva lo steward. Una vita passata in cielo. Un giorno, nel lontano 2005, decise di voltare pagina, di seguire quella che fino a quel momento era solo una passione, il mondo del cibo. Facile a dirsi, più difficile a farsi. Ma quando si ha un’idea “forte” in testa, ma soprattutto quando si ha la convinzione che quella sia l’idea giusta, il difficile porta i suoi (buoni) frutti. Il tutto condito con un po’ di sana incoscienza, che in questi casi aiuta.
Così è stato. Insieme ad Antonio Pratticò (anche lui ex steward), Stefano, che oltre ad avere passione aveva anche una certa competenza in materia, decise che era il momento di portare alla luce un modo di fare cucina che, a causa delle varie mode culinarie del momento, era poco valorizzato. Poco apprezzato. Solo uno che aveva girato il mondo poteva sapere che il “cucinare” italiano è una grande ricchezza. A volte basta guardare vicino per trovare le risposte giuste!
L’inizio fu più “soft”, ovvero una pizzeria in quartiere di Roma Sud: Sforno. Lì pizza, bruschette, fritti e sfizi vari. Ci voleva un’invenzione per farsi conoscere al grande pubblico, oltre che agli addetti ai lavori, sempre alla ricerca di novità da raccontare. Senza attendere troppo, ecco la pizza cacio e pepe. Che ora è un must, sempre presente in menù, sia da Sforno che da Tonda, la seconda pizzeria aperta (lo scorso anno) nella Capitale.
Un piatto tipico della cucina romana per una pizza. Oltre che ardito in fatto di sapori, difficile da mettere in pratica. Come far aderire (amalgamare) il pecorino alla (sulla) pizza? Impossibile infornare una pizza con l’acqua. Questo era il dilemma. Pensa e ripensa, ecco la soluzione (Stefano docet): “inforniamo la pizza, nella parte meno calda del forno, con il ghiaccio tritato sopra. Il cornicione lo facciamo bello alto, così il ghiaccio si scioglie e l’acqua non “sborda”. Una volta tirata fuori dal forno, la pizza sotto è croccante. Aggiungiamo il pecorino (a volontà). Il primo strato diventa cremoso, andando a contatto con l’acqua. Il secondo rimane secco. A quel punto, aggiungiamo il pepe. Ecco croccante e cremoso insieme, con il pecorino (e il pepe) nella sua bontà alla fine”.
PS: Visto che per Stefano la cacio e pepe deve abbondare in pepe (secondo lui dovrebbe essere quasi nera), ha pensato bene di servirla divisa in 8 spicchi e di mettere al centro un bel macinapepe. Chi ha il suo stesso desiderio, non deve far altro che macinare. “Deve essere saporita, è cacio e pepe. L’unico strappo alla regola è un filo d’olio. Per il resto, non ha influenze esterne”.
Dopo la cacio e pepe, arrivarono la Greenwich (mozzarella, blue stilton e riduzione di porto), la Testarossa (coppa di testa, mozzarella al Campari e patate) e tante altre. Piano piano, Sforno si confermava come nuova (ottima) pizzeria romana. Il percorso non era che agli inizi.
Arriva il 2008, apre 00100 (quartiere Testaccio), nella mente di Stefano e soci un laboratorio dedicato allo street food. Qui nasce il trapizzino. Nelle parole di Stefano lo potremmo definire “una scarpetta schiusa”, oppure “il sugo dentro al pane”. Il trapizzino è il mezzo per esaudire il suo desiderio iniziale, rivalutare la cucina – ma soprattutto il modo di cucinare – romana, quella della sua mamma.
“Se Firenze ha il panino col lampredotto, perché Roma non può avere una cosa simile?”. La cucina di un tempo, senza nessuna deriva gourmet. Piatti della tradizione romana come pollo alla cacciatora, polpette al sugo, picchiapò, pollo con peperoni, seppie e piselli, ecc.
E visto che a Roma va tanto la pizza bianca ripiena… “sarebbe stato bello mettere questi piatti nella pizza”. Senza l’angolo sarebbe stato quantomeno complicato (poveri pantaloni). L’angolo, benedetto angolo! Il modo più semplice ed indolore per risolvere il dilemma. Come chiamarlo? Forma triangolare, pasta di pizza….ecco il trapizzino! Che proprio “ino” non è nella sostanza, e in alcuni casi anche nelle dimensioni. 20 referenze circa, tutte di grande gusto! E piacere.
Il trapizzino è sublime, ve lo assicuro. “È nato per “contenere” cose che non possono andare altrove: cibi cucinati in umido, col sugo, che scivolano dentro e non puoi mettere altrove (se non in un piatto). Non nasce per cose asciutte”.
Ci piace la filosofia di Stefano: “io non devo proporre una cucina leggera, devo togliere sfizi culinari. Devo dare piacere a chi vuole mangiare la buona cucina romana. Che certamente non piace a tutti, ma è gustosa e di cuore”. Con una sua identità, questo è l’importante.
Con questa identità, Stefano ha “conquistato” anche i grandi chef. Tra questi, Mauro Uliassi, chef bi-stellato del ristorante Uliassi di Senigallia. Galeotta fu la presentazione di Gazzetta Gastronomica a Roma (mercato Testaccio) di dicembre 2011. Stafano a Testaccio è di casa, passava di lì per caso: che ci fanno qui tutti questi chef? Dall’incontro all’assaggio del trapizzino, il passo fu breve. Neanche i grandi chef possono resistere al suo fascino. Da cosa nasce cosa. E così Uliassi il 17 aprile scorso ha portato (e presentato) il trapizzino al Salone del Mobile di Milano all’interno del suo “street food” camper.
Il trapizzino è romano di nascita ma non si fa mancare nulla. Prossima tappa, New York City, la Grande Mela. Madison Square Park. Un mese in terra statunitense, per vedere se il trapizzino supera l’esame di inglese e fa breccia nel cuore degli americani. Visto che il New York Times ne ha già tessuto le lodi (articolo di ottobre 2010), crediamo che la conquista dell’America sarà possibile.
Io mi considero un po’ trapizzino-addicted. E se tanti invocano Stefano come prossimo sindaco di Roma, un motivo ci sarà no?