Le origini del panino: Leonardo o Lord Sandwich?
Se tentassimo di ricostruire la storia del pane e companatico, probabilmente dovremmo spingerci molto lontano, fino a giungere alla notte dei tempi. Claude Lévi-Strauss vedeva nel passaggio fondamentale dal crudo al cotto una tappa esistenziale per lo sviluppo della civiltà e per la nascita di un sapere legato all’alimentazione; la cultura del cibo inizia nel momento in cui l’uomo inizia a sperimentare sulle materie prime, modificandole dal loro stadio originario e rendendole altro rispetto al semplice nutrimento.
Il “sapere del pane”, come lo definisce lo storico Massimo Montanari, rappresentava nei suoi passaggi della coltivazione del grano, della raccolta delle spighe e della preparazione della farina, una sorta di “somma delle abilità umane, delle tecniche e delle conoscenze acquisite nel corso dei millenni”.
Inscindibili da questi elementi tecnici sono i significati sociali a loro connessi; basti pensare che nell’antica Roma consumare una pagnotta “bianca” significava essere un cittadino dell’urbe, con tutti i diritti che questo status veicolava.
Ed è proprio nella città eterna, precisamente a via Panisperna che, all’interno dell’antico quartiere della Suburra, sembra essere nata l’usanza di consumare il pane con qualcos’altro in mezzo: da qui spiegata l’etimologia del nome della strada, formata dalle parole Panis ac perna. I panini al mosto e prosciutto cotto nell’acqua di fichi secchi erano molto graditi, soprattutto dalle persone che animavano senza sosta le strade della città e che dovevano rifocillarsi velocemente per tornare alle loro attività.
Ecco dunque la nascita del fast food ante litteram, laddove fast implica la fruizione rapida e pratica delle specialità espresse, sfornate dalle “cucine di strada”, avamposti della sapienza artigiana locale. E il pane, caratterizzato da impasti diversi a seconda della regione, farcito nei modi più svariati, funge da epicentro attorno a cui ruota tuttora il multisfaccettato panorama dello street food all’italiana.
La storia del panino passa anche attraverso il genio rinascimentale di Leonardo Da Vinci il quale, oltre ad essere pittore., scultore, architetto, ingegnere, matematico, anatomista, musicista e inventore, era anche appassionato di arti culinarie. All’interno del suo “Codex Romanoff” sono inseriti, oltre a bozzetti su armi e macchine, una lunga serie di arnesi e ricette da cucina, tanto da spingere lo scrittore inglese Jonathan Rough a riproporle nel libro “Note di cucina di Leonardo da Vinci”.
Il genio toscano, nelle insolite vesti di chef del “Signor Lodovico” il Moro, tra le istruzioni per preparare un infuso di lattuga o delle creste di gallo ornate di mollica di pane, inventa un antesignano del tramezzino non riuscendo però a trovargli un nome: “Pensavo di prendere una fetta di pane e metterla fra due pezzi di carne: ma come posso chiamare questo piatto?”
Sarà un incallito giocatore di carte, ben due secoli dopo, a rispondere all’interrogativo leonardesco. L’anglofono conte Lord Sandwich era talmente preso dal suo vizio da non riuscire ad abbandonare il tavolo verde neanche per mangiare; facendo di necessità virtù, decise di farsi servire l’arrosto di carne, che costituiva la sua cena, non su di un piatto bensì tra due fette di pane imburrato. Il nobile aveva trovato il sistema infallibile per gustare il proprio pranzo senza doversi alzare e interrompere la partita, lasciando così una traccia indelebile nella storia del panino.
Fu subito chiaro a quali prelibatezze potessero dar vita i vari accostamenti tra il pane e i ripieni, e tuttora la parola sandwich fa venire l’acquolina in bocca, soprattutto se si parla del più celebre degli eredi dell’antenato londinese, il Club Sandwich.
La famosa preparazione nasce negli scompartimenti ferroviari dei treni che percorrono l’East Coast negli Stati Uniti dell’ottocento, dove i viaggiatori compiono lunghissime traversate e iniziano ad arricchire la versione originale dello spuntino britannico con numerose farciture.
Il “Club” diventa così il “break” alla moda per eccellenza, e qualche anno più tardi attraversa di nuovo l’Atlantico per entrare a far parte dei menu dei grand hotel parigini.
È possibile gustarlo in tutto il mondo, ma i più prelibati rimangono quelli del bar dell’Hotel Ritz di Parigi, dove alcuni dei nomi più famosi del mondo fra le due guerre, uno fra tutti Ernest Hemingway, ne erano affezionati estimatori. Roba da impavidi buongustai che, fra tre fette di soffice e burroso pane Carré tostato e spalmato di uno strato di maionese. ritrovano, a strati alternati, pomodori, uova sode, lattuga riccia, petto di pollo e croccanti fettine di pancetta affumicata.
Cibo per intenditori del gusto.