Il nutrimento delle emozioni
Sarebbe impossibile elencare, e soprattutto raccontare, le numerose commistioni che vedono fondersi l’universo del cibo con il cinema e la letteratura. Eppure, reduce forse da incontri ravvicinati con numerosi Foodies capitolini, mi è venuto in mente che la commistione tra questi apparentemente distanti universi non sia assolutamente campata in aria come si potrebbe pensare.
Il foodies che indifferentemente ricerca i particolari prodotti della terra, un ristorante innovativo, un intramontabile piatto tradizionale, come potrebbe non riporre attenzione nella scelta di un libro da leggere e nella visione di un determinato film? L’idea di base di questo ragionamento è in realtà molto semplice: la qualità, una volta conosciuta, la si applica ad ogni campo della vita. Con qualità intendo il senso critico, la volontà di fruire di un qualcosa che possieda una valenza artistica o culturale degna di nota, senza per questo trascendere in derive intellettualistiche o snob.
Sarà per questo che l’altro giorno vedendo un film dei primi anni ’90 ho pensato a quante emozioni possa donare il cibo se visto come una vera e propria forma di espressione della persona che cucina. Il film in questione è “Come l’acqua per il cioccolato” (Como Agua Para Chocolate) di Alfonso Arau. La storia, tratta dal libro di Laura Esquivel, racconta, sospesa tra realtà e fantasia, di una donna che può esprimere i propri sentimenti per l’uomo amato soltanto attraverso il cibo che giornalmente gli prepara. In questo modo la cucina e le sue pietanze diventano un vero e proprio mezzo per veicolare oltre al gusto anche le emotività che sono sottese alla loro preparazione.
In fondo, nel nostro piccolo, con quanto affetto e particolare emozione ricordiamo i piatti che venivano preparati durante la nostra infanzia? Siamo proprio sicuri che fossero cosi buoni? In realtà questo tipo di valutazione non ci interessa neanche, perché il ricordo, misto alla magia del passato, ha creato in noi una serie di suggestioni legate a quei piatti che neanche il tempo saprà indebolire.
Ed è questo il senso del film, legare al cibo una sensazione, una percezione.
Mangiare con la bocca e gustare con il cuore.