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Foodies & sandwiches (or panini?)
Lo avreste mai detto? I panini sono una possibile chiave di lettura (o indicatore) del mondo attuale degli appassionati di enogastronomia. Già, perché i protagonisti della rivoluzione silenziosa fotografata dalla prima ricerca sul mondo dei neoappassionati del food & drink voluta da Negroni, e realizzata dall’istituto GPF, sembrano essere tutti potenziali appassionati di panini.
Come a dire: se non vado al ristorante di tendenza, comunque un panino me lo faccio. O ancora: se non ho i soldi per una grattata di tartufo di sicuro li troverò per una buona fetta di salame, o prosciutto. O ancora, più semplicemente: non sono un gourmet specializzato (e non ho voglia e tempo da dedicare a guide e corsi di cucina) ma attraverso cose semplici, come un panino, posso anch’io godere il mio break gourmet.
Il “foodie” (questo è il nome affidato al profilo tipo studato dalla ricerca) è un appassionato del buon mangiare attento alla forma fisica, curioso, sperimentalista. Adora internet, legge libri, riviste di cucina e guarda i programmi dedicati al cibo in tv. Meno conservatore e tradizionalista a tavola, considera il mangiare “uno dei piaceri più importanti della vita”.
Secondo la mappa 3SC elaborata da GPF, i “foodies” si collocano nel quadrante dell’interesse per il sociale, assumendo un profilo d’impegno, d’amore per il nuovo, per l’arte e la letteratura.
Fortemente interessati – molto di più di quanto già non accada per i non foodies – alle cene fuori casa, alla qualità nel cibo e del vino, al turismo enogastronomico, alle trattorie e all’aperitivo/happy hour, al mangiare etnico e alla polisensorialità del cibo. Danno importanza all’impressione che ricevono guardando, toccando e sentendo il profumo del cibo. Sono attenti alla qualità e non si abbandonano agli eccessi. Non sono ipocondriaci e ansiosi, sempre a dieta. E non stanno sempre a contare le calorie contenute in ciò che mangiano. E, last but not least, hanno un vero debole per il salame (40,8%), per il prosciutto di Parma (40,5%), per lo speck (33,7%), per il prosciutto San Daniele (32,5%), per la mortadella (29,8%) e il culatello (22,7%).
E di questi “foodies” in Italia sembra ce ne siano (o forse è meglio dire “siamo”, n.d.r.) quasi 5milioni.