Un pane come Versailles
Se verrà accolta la richiesta il Pane di Matera diventerà patrimonio dell’umanità. Al pari degli altrettanto famosi Sassi, insediamento urbano scavato nella roccia della città lucana la cui storia parte oltre 10mila anni fa. Al pari della toscana torre pendente che mai cade giù (come recita la filastrocca), della residenza di Versailles, del centro storico di Praga o dei misteri racchiusi nelle pietre di Stonehenge. Anche se sarebbe meglio dire come il sardo canto a tenore e la siciliana opera dei pupi, unici due simboli italiani iscritti nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco.
La richiesta è giunta pochi mesi fa all’organizzazione che fa capo alle Nazioni Unite dal Consorzio di tutela del pane di Matera Igp, impastato di fragrante semola rimacinata da grani coltivati in Basilicata, di cui il 20% nella vetusta e pregiata varietà Senatore Cappelli, il tutto fermentato con lievito madre ottenuto dalla macerazione in acqua di frutta fresca.
Il risultato è un pane grosso, scuro, con impresso il profumo della legna sulla crosta croccante e quello dei lieviti nella mollica morbida. Adatto a qualsiasi salume, si sposa molto bene con la mortadella, affettato dal retrogusto velatamente pepato, con lievi sentori agliati mescolati a note di rosmarino e coriandolo.
Un bouquet in armonia con quello che alcuni direbbero “un pane senza tempo” dalle peculiarità organolettiche impresse nella materia prima ma soprattutto nelle mani che l’assemblano. Dunque porre sotto tutela questa pagnotta significa riconoscere l’identità e la memoria di un territorio e di uomini che nel tempo hanno tramandato un “saper fare”. Di mani che nel mondo oggi stanno dimenticando gli insegnamenti giunti da lontano, a favore di prodotti standardizzati che poco piacciono a noi di “Paninodautore”.