Storia del kebab, origine e curiosità
Il classico spiedone di carne grigliata perfetto per essere tagliato e servito all’interno di panini farciti o piadine farcite, altro non è che il kebab. Il suo nome varia di zona in zona, di nazione in nazione: per qualcuno è il doner kebab, per altri il kebap e per altri semplicemente kebab: la ricetta e il concept difficilmente cambiano, eppure qualcosa di diverso c’è.
L’origine del kebab è persiana e il termine vuol dire “grigliato”, “arrostito” e proprio di ricetta parleremo adesso: quelle del kebab sono striscioline di carne saltata e dorata su una piastra rovente il cui condimento iniziale è quello del grasso sciolto.
Il doner kebab, che tradotto letteralmente vuol dire “arrosto rotante”, così come lo conosciamo comunemente anche noi in Italia, è arrivato soltanto molti secoli dopo rispetto al kebab – nonostante i nomi traggano ancora in inganno. Il doner kebab, spesso quello che conosciamo noi e presente nelle città italiane, è composto da fettine di carne impilate l’una sull’altra e soprattutto miste: agnello, manzo, pollo o tacchino, insaporite con varie spezie, pepe, succo di cipolle e di yogurt. C’è anche chi utilizza il kebab sopra la pizza: un mix di sapori che strizza l’occhio alla commistione di stili e influenze culinarie.
Perfetto come street food da consumare passeggiando, il kebab che siamo soliti gustare in Italia, non è altro che un panino di diversa fattura (pita, panino, piadina) che viene servito con insalata e salse. Questa ricetta semplice, a cui è possibile aggiungere ingredienti, altre salse e spezie, è la stessa diffusa in Germania dagli immigrati turchi verso la fine degli anni Sessanta. Una rielaborazione del loro piatto tradizionale, dunque, per incontrare il favore e la stima dei tedeschi.
Il miglior kebab gastronomico italiana? Quello di Mariù, a Milano: la formula è quella del classico panino, ma la possibilità di abbinare ingredienti italiani e di qualità, è ciò che rende Mariù la kebabberia capace di convincere anche i più scettici!